Il clima di tensione innescato dalla proclamazione di un referendum secessionista in Catalogna, è sempre più alto. La consultazione si pone fuori dalla legalità costituzionale e ha quindi inevitabilmente portato alla reazione del governo nazionale. Il sequestro delle schede elettorali e l’arresto di alcuni funzionari di secondo piano del governo catalano, hanno portato in piazza decine di migliaia di indipendentisti. Ci sono stati anche scontri con la Guardia Civil spagnola ( i carabinieri spagnoli). La maggior parte delle testate giornalistiche vicine alla grande finanza hanno sposato la causa indipendentistica. La realtà è però lontana dalla vulgata ufficiale propagandata dal governo secessionista catalano, guidato da Carles Puidgemont. La maggioranza degli abitanti delle città di Barcellona e Tarragona, nelle ultime elezioni legislative, ha votato per partiti “unionisti”. Da notare che in queste due città la maggioranza degli abitanti parla prevalentemente in lingua castigliana. Esiste addirittura un movimento che invoca un referendum per staccarsi della Catalogna e permanere nella Spagna. La nuova regione composta dalle aree metropolitane di Barcellona e Tarragona si chiamerebbe “Tabarnia”. Aldilà di queste schermaglie, molti catalani lamentano un grave clima di intimidazione verso chi è contrario alle tesi indipendentistiche, una discriminazione sempre più palpabile che punta ad intimidire i catalani di lingua spagnola ( maggioranza in molte città della Catalogna). Carla Arrufat docente di storia all’Università di Barcellona denuncia con forza il clima che si è creato: “Stanno minacciando la convivenza lingustica. Gli indipendentisti usano il denaro pubblico per finanziare associazioni xenofobe come Omnium cultural o la Assemblea Nacional Catalana, mentre ci sono persone che muoiono nei corridoi degli ospedali o bambini che studiano in baracche”. Grande preoccupazione anche tra i numerosissimi friulani residenti a Barcellona che hanno scelto la città considerandola un simbolo dell’apertura verso il mondo. “Barcellona e Catalogna sono due mondi diversi. Se dovesse prevalere la chiusura mentale della Catalogna rurale, è possibile che rientreremo in Italia,
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