Babele Italia. La “gara” delle ordinanze tra governo, regioni e sindaci

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“Siamo in guerra” ci continuano e ci continuiamo a ripetere ogni giorno e gli italiani vogliono fortemente vincerla. Lo dimostrano tutti i giorni, dal personale sanitario in prima fila, che spesso muore in trincea insieme ai suoi pazienti, agli operai, alle forze dell’ordine e anche ai colleghi giornalisti che continuano a raccontare questa Italia meravigliosa.

Ma in guerra, anche noi delle nostra generazione che non l’abbiamo vissuta ma respirata attraverso il racconto dei nostri nonni, deve esserci un “Comandante”. E’ la natura stessa del conflitto ad esigerlo.

Non parlo dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi che disistimo, come il simbolo di una classe politica inadeguata e arruffata, ma della necessità concreta di avere un centro di comando visibile e tangibile.

Il popolo italiano vuole vincere insieme questa guerra, vuole dimenticarsi le beghe partitiche e la guerra civile tra partiti. Per una volta vuole combattere unita, vincere unita e, quando il destino ce lo permetterà, riabbraciarsi unita senza colore politico o di campanile.

Come spesso accade in Italia, abbondano gli ottimi soldati, gli ottimi ufficiali, ma difettano i generali.

Ogni giorno la Nazione piange centinaia di morti e la resistenza del popolo, la sua abnegazione e anche disciplina, è esemplare. Ma la classe politica, troppo spesso, continua a fornire pessimi esempi.

Ne è una prova la “gara alle ordinanze”, tra governo nazionale, governatori e sindaci, utile a guadagnare un titolo sulle prime pagine dei giornali, ma con l’inevitabile risultato di gettare nella confusione e nello sgomento tutti gli italiani.

Non voglio soffermarmi sulle piroette verbali di ministri e governatori, che hanno dato in queste settimane una pessima prova, ma non si può tacere di  fronte allo scempio di un potere politico, che, di fronte ad una “guerra”, si frammenta in mille rivoli e affronta la tragedia in una bolgia anarchica autodistruttiva.

Governatori contro  governo, sindaci contro governatori. E a Roma, come sempre, tutti conto tutti. Tranne lodevoli eccezioni patriottiche, siamo governati da una classe politica cialtrona, incapace di interpretare e di rappresentare l’Italia che ha ritrovato la sua unità ed esige la vittoria.

La lotta per vincere questo terribile e subdolo virus sarà ancora lunga, ma ancor più lungo sarà il “dopoguerra”. O la classe politica comprenderà questa esigenza o la rabbia dei cittadini, questa volta, sarà difficilmente controllabile.

L’anticomunista Giovannino Guareschi, nel film “Don Camillo e l’onorevole Peppone”, scelse di far recitare al comunista Peppone la  la sua massima patriottica: “Quando tuona il cannone, è la voce della Patria che chiama e noi risponderemo …Presente”. Il significato che Guarwschi voleva lasciare e che nella guerra, la massima deve essere principalmente una, “prima la Nazione, poi la fazione”.

Stefano Salmè

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Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

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