I “divin” vaccini non hanno reso i miracoli promessi. 65 mila decessi Covid nell’anno vaccinale

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La premessa è d’obbligo: tutte le date che segnano uno spartiacque sono in una qualche misura artificiali, delle convenzioni utili a segnare un prima e un dopo. La data del 27 dicembre 2020, giorno del cosiddetto “vaccination day” italiano ed europeo, è utile a tracciare una linea tra il “primo tempo” pandemico affrontato sostanzialmente con i soli strumenti del distanziamento sociale imposto per legge e la seconda fase, tutt’ora in corso, contraddistinta dalla campagna vaccinale di massa.

E’ scontato puntualizzare il dato banale che i risultati della campagna vaccinale non potevano che essere progressivi. Fatte quindi tutte queste premesse metodologiche, il confronto tra le due fasi pandemiche rimane comunque assai significativo.

Come ricordavamo i primi vaccini anti-Covid arrivarono sotto l’albero del Natale del 2020, pronti per il “vaccination day” del 27 dicembre 2020, scelto dall’Unione Europea coma data unificante a livello continentale.

Il clima natalizio favorì una liturgia affettata nella consegna delle prime dosi: i mezzi che trasportavano le prime dosi furono immortalati da tutti i mass media nazionale fin dal loro apparire sulle montagne innevate del Brennero.

Le immagini dei militari italiani che consegnavano le prime fiale alle autorità sanitarie avevano una parvenza da liturgia religiosa: se nel resto d’Europa si scelse la sobrietà, nel Belpaese l’arrivo dei vaccini fu salutato pacchianamente come ci si trovasse davanti alla riedizione del Santo Graal. I saluti militari, le fasce tricolori delle autorità civili, gli aspersori dei parroci, contribuirono a una parodia volgare e goffa del viaggio del Milite Ignoto dopo la Grande Guerra. Ma i “divini” vaccini erano e rimasero degli umani medicinali.

Le aspettative erano quindi alte, alimentate da uno stuolo di commentatori, politici, tecnici, opinionisti, che dispensavano con generosità dosi di ottimismo sul miracolo della Scienza che, “in pochi mesi”, aveva saputo trovare l’arma in grado di debellare il virus.

Le prime 470 mila dosi furono inoculate al personale sanitario e socio-sanitario di ospedali e case di riposo, per poi estendersi, in base alle priorità stabilite dal governo, al resto della popolazione.

Nel corso dei mesi la realtà si riprese il campo e l’ipnosi di massa digradò fino a scolorirsi.

Alla vigilia del “Vaccine day” (26 dicembre 2020) l’Italia registrava il drammatico bilancio di 71.620 vittime. Bisogna ovviamente considerare che nella prima ondata epidemica, soprattutto in Lombardia, le autorità sanitarie dovettero fare fronte alla pandemia a “mani nude”. Buona parte del personale sanitario era addirittura sprovvisto dei Dpi (mascherine). In molte regioni, i tagli lineari avevano colpevolmente colpito proprio quella sanità territoriale che avrebbe mitigato gli effetti dell’epidemia. Il numero di vittime nella primissima fase fu inevitabilmente elevatissimo.

Dopo un anno di campagna vaccinale, con buona parte delle risorse umane del Sistema Sanitario Nazionale impegnato negli hub vaccinali, il risultato raggiunto è uno dei migliori del mondo sotto il profilo numerico, con quasi il 90% della popolazione vaccinabile che ha aderito alle raccomandazioni e ai ricatti del governo (Green Pass).

Se il record dei contagi dell’altro ieri (54.762) dimostra l’assoluta insufficienza dei vaccini nel fermare la trasmissione del virus, anche alla luce delle inevitabili nuove varianti, quello dei ricoveri conferma invece la validità dei sieri approvati nell’impedire (fino a oggi) il tanto temuto “blackout” dei reparti di terapia intensiva (1071).

Il bilancio complessivo sui decessi dell’”anno vaccinale” desta però più di un interrogativo: se, come abbiamo ricordato, il numero di vittime Covid al 26.12.2020 risultava essere di 71.620, il dato aggiornato a ieri è invece di 137.000 decessi totali.

Il numero di vittime ricompreso nell’anno vaccinale è quindi pari a 65.380. Una cifra sorprendentemente alta, se consideriamo lo sforzo economico senza pari per dotare la Nazione di dispositivi di sicurezza, ventilatori polmonari, assunzioni di personale sanitario e, in ultimo, dei vaccini autorizzati, insieme alla ragionevole speranza, basata sulla storia delle pandemie, di un’attenuazione della virulenza del virus nel corso del tempo.

A fine anno potremo e dovremo anche aggiungere il dato sulla mortalità in eccesso “non Covid”, causata dalla riduzione delle attività di screening e di prevenzione negli ospedali e anche da un certo numero di reazioni avverse fatali legate ai vaccini.

Non potrà mancare anche uno sguardo attento sull’ulteriore drammatico calo della natalità, causato dalla paura indotta da una comunicazione terroristica e dall’incertezza economica legata allo stato di emergenza.

L’analisi di questi due anni pandemici dovrà quindi uscire dagli schemi politicamente corretti utili solo a sostenere la narrazione del governo, se vorrà fornire un quadro più attinente alla realtà dei fatti e alle esigenze vitali della Nazione.

Dott. Stefano Salmè

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Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

Responsabile culturale dott. Stefano Salmè, nato a Udine, iscritto all’ordine dei giornalisti dal 2002. Collaboratori: dott.ssa Stefania Toffoli, prof.ssa Alessandra Pagnutti, Simonetta Vicario, Dott.ssa Irene Giurovich, Giulia Peres, Daniele Bulfone

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