Il Tar del Fvg condanna l’Università di Udine per la sospensione di un docente non vaccinato

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Con l’introduzione agli inizi de 2022 del greenpass anche per i dipendenti universitari, quelli tra loro che non si sottoponevano alla vaccinazione venivano sospesi a meno che non dimostrassero di essere guariti dal Covid o avessero motivi per l’esenzione o un suo differimento.

Il Dottor Vittorino Talamini, all’epoca Ricercatore Universitario dell’Università di Udine, pensava di trovarsi nell’ultima condizione e presentava il 7 febbraio 2022 un certificato redatto dal suo Medico di Medicina Generale (MMG) attestante che egli “necessitava di differire dalla vaccinazione anti Sars-Covid19” per precedenti effetti allergici ed in previsione di una visita allergologica presso una struttura pubblica fissata per l’1 luglio successivo. L’Università riteneva che “il docente non ha fornito una motivazione idonea a comprovare la sua esenzione dall’obbligo vaccinale o il differimento dello stesso” e lo sospendeva dal lavoro e dalla retribuzione dal 10 febbraio successivo.

Nel frattempo il Dottor Talamini provvedeva ad integrare la certificazione di due aspetti. Aspetti, vale la pena di ricordarlo, del resto considerati dal TAR non rilevanti, giacchè “le difformità dal modello normativo di riferimento (…) erano di carattere per lo più formale se non addirittura apparenti”. A seguito di tale integrazione l’Università ritornava su suoi passi, revocando la sospensione e riammettendo il ricercatore universitario al lavoro ed allo stipendio dal 25 febbraio.

Il dottor Talamini risultava quindi sospeso dal lavoro e dalla retribuzione dal 10 al 25 febbraio.

Sospensione che il Tribunale Amministrativo Regionale ha giudicato illegittima in presenza della documentazione presentata il 7 febbraio: documentazione che, anche se inidonea, avrebbe necessitato di un approfondimento, prima di procedere alla sospensione. Con ciò l’Università di Udine violava il diritto del suo dipendente di svolgere la propria attività professionale per cui il TAR le ha imposto di corrispondere la retribuzione illegittimamente trattenuta ed è stata condannata a rifondere al Dottor Talamini le spese di giudizio.

Il TAR non si risparmia di esprimere un giudizio sul modo in cui l’università ha agito in tale caso, caratterizzato da “un eccessivo formalismo, conducendo un’istruttoria non adeguata all’importanza del provvedimento e del rango degli interessi in gioco, né improntata ai principi di collaborazione e buona fede”.

Riportiamo il dispositivo con le motivazioni e le decisioni del Trribunale ammnistrativo regionale del Fvg:

  1. Il ricorrente, ricercatore presso l’Università degli Studi di Udine (attualmente in quiescenza), agisce per il riconoscimento della retribuzione e dei relativi accessori economici non versati a suo favore dall’Università dal 10.02.2022 al 25.02.2022, per effetto dal decreto rettorale di sospensione dal lavoro n. 79 del 10.02.2022, successivamente revocato con decreto n. 122 del 25.02.2022. Chiede, inoltre, il risarcimento del danno d’immagine e reputazionale subito a causa della vicenda.

1.1. Con il provvedimento menzionato, l’Università ha accertato l’inottemperanza del ricorrente all’obbligo vaccinale previsto dall’art. 4-ter, comma 1-bis, del d.l. 44 del 2021, conv. in l. 76 del 2021 (“Dal 1° febbraio 2022, l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 di cui al comma 1 si applica al personale delle università, delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e degli istituti tecnici superiori”), e disposto la sua sospensione dall’attività lavorativa, senza diritto alla retribuzione.

1.2. Con successivo decreto rettorale n. 122 del 25.02.2022, l’Università ha revocato la sospensione disposta e conseguentemente reintegrato il ricorrente nel diritto di svolgere l’attività lavorativa, senza tuttavia prevedere l’eliminazione ex tunc degli effetti della sospensione e quindi senza corrispondere il trattamento economico relativo a tale periodo.

1.3. Il ricorrente deduce quindi l’illegittimità dell’atto di sospensione per “per istruttoria superficiale, incompleta, carente, per insussistenza della motivazione e del contraddittorio, nonché per eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, vizi del procedimento, ingiustizia manifesta – violazione degli artt. 3, 6, 1° comma, lettere a) e b), della legge 241/1990 e s.m.i. e art. 24 Cost.”, nonché l’illegittimità della successiva revoca, giacché “trattasi sostanzialmente di annullamento ex art. 21-nonies della legge 241”. Espone, quindi, gli elementi costitutivi dei diritti azionati e della pretesa risarcitoria ex art. 2043 del c.c.

  1. Con atto del 16.08.2022 si è costituito il Ministero dell’Università e della Ricerca, domandando la propria estromissione dal giudizio per carenza di legittimazione passiva.

2.1.Con memoria del 07.12.2022, l’Università ha argomentato per il rigetto del ricorso.

  1. All’udienza pubblica dell’11.01.2023, il Tribunale ha rappresentato alle parti, ai sensi dell’art. 73, comma 3 del c.p.a., la questione relativa alla recente giurisprudenza delle Sezioni Unite in materia di obbligo vaccinale, che hanno devoluto la giurisdizione sulle relative questioni al giudice ordinario. Le parti hanno discusso come da verbale.
  2. Il ricorso è ammissibile.

4.1. Per quanto, secondo l’orientamento del giudice regolatore della giurisdizione (Cass. civ., sez. un., ord. 29 settembre 2022, n. 28429), le controversie in materia di inadempimento dell’obbligo vaccinale e conseguenti determinazioni involgano direttamente una posizione di diritto soggettivo (il “diritto all’esercizio di una attività professionale regolamentata”), non intermediata dal potere amministrativo, ma soggetta a limiti e condizioni previsti esaustivamente dalla legge (“È la legge che, nella specie, ha risolto, di per sé, il conflitto tra gli interessi in gioco, di eminente rilievo costituzionale, dando prevalenza al diritto alla salute (individuale e – soprattutto – collettiva) rispetto a quello al lavoro e, al tempo stesso, dettato termini, modalità ed effetti dell’azione amministrativa, la quale deve esercitarsi, quindi, su un binario che non consente scelte discrezionali espressione del potere pubblico”), i provvedimenti contestati nel caso di specie sono stati assunti direttamente dal datore di lavoro, nel contesto di un rapporto di pubblico impiego non privatizzato, qual è ancora quello dei professori e ricercatori universitari (art. 3, comma 2 del d.lgs. 165 del 2001)

4.2. La controversia ricade quindi nel perimetro della giurisdizione esclusiva – relativa ai “rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico” – come definita dall’art. 133, comma 1, lett. i) del c.p.a. ed è stato correttamente incardinato presso questo Tribunale (in termini, Tar Lazio, Roma, 11 marzo 2022, n. 2813), che nella particolare materia può conoscere anche delle posizioni di diritto soggettivo e delle pretese patrimoniali consequenziali.

4.3. Deve inoltre essere estromesso il Ministero dell’Università e della Ricerca, per carenza di legittimazione passiva. Oggetto del presente giudizio sono infatti le determinazioni assunte dall’Università degli Studi di Udine, soggetto dotato di piena autonomia, e quindi unico responsabile dei propri atti e delle proprie attività (cfr. Tar Trento, sez. I, 12 dicembre 2016, n. 420; Tar Lombardia, Milano, sez. III, 17 dicembre 2014, n. 3048).

  1. Nel merito, il ricorso è parzialmente fondato, nei termini che si diranno.
  2. Incontestato il diritto del ricorrente ad essere esentato dalla vaccinazione, come riconosciuto dalla stessa Università attraverso la sua riammissione in servizio, è centrale la questione relativa alla legittimità del decreto del 10.02.2022. L’esistenza dei presupposti per disporre la sospensione dal lavoro deve in particolare valutarsi sulla base della documentazione che, a quella data, era, nella disponibilità dell’amministrazione e che ha quindi giustificato l’adozione della misura.

6.1. In data 07.02.2022, il ricorrente, ottemperando alla nota del rettore del 02.02.2022 (doc. 2 dell’amministrazione), ha trasmesso all’Università il certificato del proprio medico di medicina generale (MMG) redatto il 31.01.2022. Nel documento si attesta che il ricorrente “-OMISSIS-, necessita di differire dalla vaccinazione anti Sars-Covid 19” (doc. 3)Al certificato è allegata la ricevuta di prenotazione di una visita allergologica presso una struttura pubblica, fissata per il 01.07.2022.

6.2. L’Università ha ritenuto però che tale documentazione non fosse idonea ad esonerare il ricorrente dall’obbligo vaccinale (“il docente non ha fornito una motivazione idonea a comprovare la sua esenzione dall’obbligo vaccinale o il differimento dello stesso”), secondo quanto stabilito dall’art. 4, comma 2, del d.l. 44 del 2021, e lo ha sospeso dall’impiego. Come esplicitato nella successiva nota del 16.02.2022, la misura è motivata in ragione della difformità tra il contenuto della certificazione redatta dal MMG e i requisiti indicati nella circolare del Ministero della Salute del 04.08.2021 e nella nota della Direzione centrale salute, politiche sociali e disabilità della Regione del 17.12.2021. In particolare, oltre a non esplicitare che il medico certificante era proprio il MMG del ricorrente, la certificazione non specifica la data di fine validità dell’esenzione, né evidenzia la diretta correlazione tra la diagnosi e la pericolosità della vaccinazione.

6.3. Solo dopo l’integrazione del certificato ad opera del MMG (doc. 7), attraverso l’indicazione della data del “01.07.2021” quale termine di validità e la precisazione che il differimento della vaccinazione si giustifica “in quanto potenziale pericolo per la salute del paziente”, l’Università ha ritenuto soddisfatti i requisiti di legge ed è ritornata sulle proprie determinazioni, revocando la sospensione e riammettendo il ricorrente all’attività lavorativa, con effetto ex nunc (doc. 11).

  1. Tutto ciò premesso, il Tribunale ritiene che l’Università abbia agito con eccessivo formalismo, conducendo un’istruttoria non adeguata all’importanza del provvedimento e al rango degli interessi in gioco, né improntata ai principi di collaborazione e buona fede (art. 1, comma 2-bisdella l. 241 del 1990). Il loro rispetto nei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino si impone tanto più quando – come nel caso di specie – il procedimento veda coinvolte posizioni di rilevanza primaria (il diritto al lavoro e alla retribuzione), in un contesto normativo di non immediata comprensione, qual è quello dettato dal d.l. 44 del 2021 e dai relativi atti applicativi.

7.1. In primo luogo, si evidenzia che la compiuta motivazione della sospensione, con l’esplicitazione delle ragioni per cui la certificazione è ritenuta inidonea all’esenzione, viene fornita al ricorrente solo con nota del 16.02.2022, quando erano già in corso gli effetti del provvedimento di sospensione. Il decreto rettorale n. 79 del 2022 si limitava, invece, a rilevare l’insufficienza delle giustificazioni fornite, senza fornire ulteriori indicazioni. Si ritiene che l’Università avrebbe invece dovuto, fin da subito, esplicitare le criticità riscontrate e, nel dubbio circa la sostanziale ricorrenza dei presupposti per l’esenzione, consentire al ricorrente di emendarle tempestivamente (come poi, in effetti, avvenuto). Non può trascurarsi, inoltre, il fatto che le asserite carenze riguardano il contenuto dell’atto redatto da un professionista con competenze certificative, cui il privato si è giustamente affidato, peraltro formato quando ancora non era entrato a regime il sistema di certificazione digitale, di cui al D.P.C.M. 4 febbraio 2022 (che ha definitivamente standardizzato il contenuto di tali documenti).

7.2. Sotto altro profilo, le mancanze riscontrate avrebbero potuto e dovuto indurre l’amministrazione ad attivare il potere di soccorso istruttorio (art. 6, comma 1, lett. b) della l. 241 del 1990), ricadendosi nel perimetro applicativo di tale istituto (Tar Molise, Campobasso, sez. I, 07 luglio 2014, n. 433). I documenti tempestivamente prodotti dal ricorrente fornivano, infatti, ragionevoli indizi circa il possesso dei requisiti per l’esenzione o per il differimento dalla vaccinazione, mentre le difformità dal modello normativo di riferimento (quello di cui alla circolare ministeriale del 04.08.2021) erano di carattere perlopiù formale, se non addirittura apparenti.

7.3. Nello specifico, quanto al termine finale dell’esenzione, esso poteva essere desunto dall’allegata prenotazione della visita allergologica per il 01.07.2022, come poi confermato nel certificato integrativo del 17.02.2022 (che proprio a tale data ricollega la propria validità). La mancata espressa indicazione del dato temporale avrebbe certo giustificato una richiesta di chiarimenti nel corso del procedimento, ma non certo l’immediata emissione della misura sospensiva. Con riguardo alla qualità di MMG del ricorrente del medico certificante, trattasi di informazione che l’Università avrebbe potuto reperire in autonomia, essendo in possesso di altra pubblica amministrazione (l’Azienda sanitaria locale di competenza).

7.4. Si rileva, infine, che in nessuno degli atti normativi secondari (circolare ministeriale e nota regionale) presi a riferimento dall’Università nella nota del 16.02.2022 si rinviene l’obbligo di esplicitare “il dato relativo alla diretta correlazione tra la diagnosi del medico e il potenziale pericolo per la salute del paziente che la vaccinazione comporterebbe”. Al contrario, la circolare ministeriale impone al MMG di certificare unicamente la qualità di “soggetto esente alla vaccinazione anti SARS-CoV-2” del proprio paziente, precisando che “i certificati non possono contenere altri dati sensibili del soggetto interessato” quali, a titolo esemplificativo, proprio “la motivazione clinica della esenzione”. Attenendosi alla circolare valorizzata dalla stessa amministrazione, dunque, anche la semplice indicazione dei motivi dell’esenzione (presente nel certificato presentato dal ricorrente) appare sovrabbondante e tale deve considerarsi, a maggior ragione, anche la pretesa esplicitazione del rapporto tra la diagnosi e i rischi derivanti dalla vaccinazione. La verifica della correlazione tra patologia sofferta e possibili rischi per la salute derivanti dalla somministrazione del vaccino deve certo essere compiuta dal medico certificatore, sotto la propria responsabilità, costituendo l’implicito presupposto per rilascio della certificazione, ma non richiede di essere dettagliatamente esplicitata al suo interno, come preteso dall’Università.

  1. Per quanto sopra, si ritiene che l’Università abbia violato il diritto del ricorrente allo svolgimento della propria attività professionale, sospendendolo illegittimamente dal lavoro con decreto rettorale 79 del 10.02.2022, pur a fronte di una documentazione sanitaria (quella inviata in data 07.02.2022) che, se non di per sé idonea all’esenzione, avrebbe quantomeno dovuto giustificare ulteriori approfondimenti istruttori.

8.1. Parimenti, viola il diritto del ricorrente il decreto rettorale 122 del 25.02.2022, giacché, nel constatare l’effettiva sussistenza delle condizioni per l’esenzione vaccinale, considera l’integrazione documentale in termini di fattore sopravvenuto, che giustifica la revoca della sospensione con effetto ex nunc, laddove allo stesso risultato si sarebbe dovuti giungere all’interno del procedimento avviato per l’accertamento dell’obbligo, senza pregiudizio per il ricorrente o, in subordine, attraverso l’annullamento d’ufficio del primo atto, con effetto ex tunc.

8.2. Conseguentemente, si accerta il diritto del ricorrente a percepire il trattamento economico, comprensivo di ogni accessorio, non versato dall’Università durante il periodo di sospensione dal lavoro, oltre ad interessi legali fino al saldo effettivo, e si condanna l’amministrazione a provvedere in conformità, anche ai fini della rideterminazione della pensione del ricorrente, in quiescenza dal 05 maggio 2022.

8.3. Non spetta invece al ricorrente, la domandata rivalutazione monetaria, trattandosi di debito espresso ab origine in forma monetaria e quindi di un c.d. debito di valuta (Cass. civ., sez. II, 4 giugno 2018, n. 14289), per il quale il maggior danno rispetto agli interessi legali sarebbe riconoscibile solo alle condizioni di cui all’art. 1224, comma 2 c.c.

  1. Non sussistono, inoltre, le condizioni per riconoscere al ricorrente il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale (reputazionale/d’immagine), nei termini richiesti.

9.1. Quanto al pregiudizio subito “all’interno dell’ambiente universitario nei confronti dei colleghi e degli studenti (ad esempio si pensi all’estromissione del ricorrente dalle commissioni d’esame con conoscenza del fatto da parte degli studenti iscritti per sostenerlo)”, trattasi di un danno che, a prescindere dalla sua possibile quantificazione equitativa, non risulta adeguatamente allegato e dimostrato nell’an. Il ricorrente non chiarisce in che modo e sotto quali aspetti il breve periodo di sospensione – oltre ai profili legati alla temporanea impossibilità di prestare servizio e svolgere le relative mansioni – avrebbe leso la propria reputazione all’interno dell’ambiente universitario.

9.2. Sotto il profilo del nesso causale, inoltre, tale danno sarebbe comunque addebitabile, più che al provvedimento di sospensione in sé, alla condotta degli organi di stampa (doc. 21), che hanno riportato la notizia in termini talvolta non rispettosi dei principi di verità e continenza (ad esempio qualificando il ricorrente come “ricercatore no vax”, cfr. pag. 5). Dalle stesse fonti di prova portate dal ricorrente risulta, peraltro, un suo ruolo attivo nella diffusione della notizia, comunicata “sui social e poi all’Ansa” (pag. 2 del doc. 21, ma vedi anche in termini analoghi, l’articolo di cui a pag. 6 dello stesso documento).

  1. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto, limitatamente all’accertamento dell’illegittimità della sospensione e al riconoscimento della liquidazione della retribuzione non versata dall’Università al ricorrente durante tale periodo (dal 10 febbraio 2022 al 25 febbraio 2022), oltre accessori, il tutto maggiorato degli interessi al tasso legale fino al saldo effettivo. Come richiesto, il riconteggio del trattamento economico del ricorrente dovrà essere comunicato dall’Università all’INPS, a fini pensionistici.
  2. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, nei confronti della sola Università resistente. Si compensano invece nei confronti del Ministero, estromesso dal giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

– dichiara l’estromissione dal giudizio del Ministero dell’Università e della Ricerca;

– accoglie in parte il ricorso nei confronti dell’Università degli Studi di Udine, nei termini indicati in motivazione.

Condanna l’Università a rifondere al ricorrente le spese del presente giudizio, che si liquidano nella somma di € 1.500,00, oltre spese generali e accessori di legge.

Compensa le spese nei confronti del Ministero.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.

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Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

Responsabile culturale dott. Stefano Salmè, nato a Udine, iscritto all’ordine dei giornalisti dal 2002. Collaboratori: dott.ssa Stefania Toffoli, prof.ssa Alessandra Pagnutti, Simonetta Vicario, Giulia Peres, Daniele Bulfone

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