Le regioni chiedono il “lockdown per i non vaccinati”. Ma in Austria è già fallito

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Il governatore Massimiliano Fedriga si appresta a portare nella cabina di regia con il governo la proposta di adottare il cosiddetto “lockdown dei non vaccinati”.

Il provvedimento richiesto servirebbe a rispondere al rialzo dei contagi e dei ricoveri. Verrebbe utilizzata insomma la regola delle “2G”, già applicata in Austria da lunedì 8 novembre nella sua forma più lieve (tampone consentito per andare a lavorare ma non per accedere negli altri luoghi pubblici) e da lunedì 15 nella sua forma più severa (è consentito andare a lavorare ma subito dopo scatta il confinamento a casa, a parte le eccezioni  della spesa essenziale e di una passeggiata).

Le regioni, anche in questo caso, stanno dimostrando tutta la loro incapacità a gestire la pandemia. Se non ci fosse stato il generale Figliuolo a togliere le castagne dal fuoco, oggi non avremmo nemmeno una campagna vaccinale degna di questo nome.

La richiesta delle regioni non è solo discriminatoria e quindi criticabile in sé, ma arriva anche fuori tempo: i dati dimostrano che la curva epidemiologica in Austria, nonostante le nuove restrizioni per i non vaccinati siano cominciate lunedì 8 , siano fallimentari:

Prova ne sia che ben due Land della vicina Repubblica, il Land del Salisburghese e quello dell’Alta Austria, da lunedì 22 novembre saranno in lockdown generale. La data non è casuale perché due settimane sono il tempo massimo di incubazione del virus, quindi le misure adottate, se avessero funzionato, avrebbero dovuto dare dei risultati in questo lasso di tempo. “Non abbiamo più grandi margini di manovra, la misura potrà rimanere in vigore per 3 o 4 settimane”, ha detto il governatore dell’Alta Austria Thomas Stelzer. A Vienna però sono in molti a ritenere che la misura presa dai due Land sarà presto imitata dal governo federale, naturalmente per “Salvare il Natale”.

La tensione sociale sale anche in Austria, tanto che per domani è prevista una grande manifestazione a Vienna, organizzata dai liberal-nazionali del FPO.

Nel frattempo la coltre di omertà che il sistema regala a chiunque osi avanzare dubbi o critiche sulla strategia del governo e dei suo comitati tecnici, viene rotta da un virologo della fama di Andrea Crisanti che in tv, senza peli sulla lingua, ha dichiarato candidamente che “i no vax sono un alibi del governo”.

Si muove anche il mondo universitario italiano, con una petizione firmata da ben undici accademici che chiedono al governo e al Comitato Tecnico-scientifico di rispondere ad alcuni precisi quesiti circa i vaccini: “ai cittadini si sta inoculando un vaccino o una terapia genica con una tecnica (quella a mRNA) che non da garanzie di sicurezza nel medio e nel lungo periodo?”. La domanda degli accademici, sostenuta anche dal prof. Massimo Cacciari, sottintende un potenziale pericolo a cui le autorità pubbliche dovrebbero rispondere e cioè il possibile tentativo di utilizzare questa sperimentazione di massa, cavalcando la pandemia, (che nessuno nega) per imporre in modo definitivo al mercato farmaceutico le terapie e i vaccini a mRNA, monopolizzati da pochissime multinazionali, soppiantando tutta la farmacologia tradizionale.

La crescita degli interrogativi nel mondo accademico e della cultura è un fatto estremamente positivo, anche in virtù dell’importanza di rappresentare in modo razionale i molti interrogativi e le molte paure, suscitate in una larga parte della popolazione dall’istinto di sopravvivenza.

Se gli scienziati italiani, i famosi “tecnici” fugheranno questi dubbi con il dialogo e non con il disprezzo verso il popolo, la campagna vaccinale per la terza dose correrà al ritmo delle prime due.

Se invece il governo continuerà la sua strada con il solito metodo ricattatorio, minaccioso e discriminatorio utilizzato fino ad ora, prima o poi la corda si spezzerà con conseguenze imprevedibili. Meglio, molto meglio, dialogare per sciogliere i tanti dubbi che cominciano a serpeggiare tra i vaccinati rispetto alla terza dose, piuttosto che discriminare i non vaccinati rispetto una libera scelta che deve essere rispettata.

Conservare il principio della libera scelta vaccinale oggi, non discriminando nessuno, è una garanza per il futuro, una riserva di libertà, uno scrigno da cui attingere in caso di scenari ancor più negativi rispetto alla deriva autoritaria che subiamo da molti anni.

Dott. Stefano Salmè

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Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

Responsabile culturale dott. Stefano Salmè, nato a Udine, iscritto all’ordine dei giornalisti dal 2002. Collaboratori: dott.ssa Stefania Toffoli, prof.ssa Alessandra Pagnutti, Simonetta Vicario, Giulia Peres, Daniele Bulfone

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