Scandalo mense. L’assessore Battaglia indagata per abuso e omissione d’atti d’ufficio

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L’assessore Battaglia ha reagito al suo coinvolgimento giudiziario nella vicenda “scandalo mense” cercando di derubricare la notizia ad “un atto dovuto”. Bisogna intanto chiarire che ad essere parte lesa è il Comune come ente e che le eventuali responsabilità penali dell’assessore sono personali. Aldilà poi di ogni distinzione giuridica le vere vittime sono i bambini  e le loro famiglie che per un anno sono state sbeffeggiate affermando che le loro critiche erano motivate da “strumentalizzazioni politiche”:

Sebbene non si conoscano ancora i dettagli dell’ipotesi accusatoria, l’assessore è indagata per abuso d’ufficio (art. 323 c.p.: salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità). Considerata la gravità della frode l’ipotesi di reato è certamente rilevante.

L’assessore è anche indagata per il reato di omissione d’atti d’ufficio (articolo 328 del Codice penale: il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa) che punisce la condotta di un pubblico ufficiale quando indebitamente si rifiuta di addottare tempestivamente un atto del suo ufficio.

L’avviso di garanzia rimane ovviamente un atto a tutela dell’indagato e sarà solo il prosieguo delle indagini a scoprire l’impianto accusatorio.

Dal punto di vista politico la difesa ad oltranza dell’assessore da parte del sindaco rischia di travolgere l’intera amministrazione Fontanini, portando il Comune ad elezioni anticipate.

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Il Giornale di Udine

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