“Terza dose booster per salvare il Natale”. Vi ricorda qualcosa?

Condividi su:

Facebook
Twitter
Telegram
WhatsApp
Email

“Terza dose per salvare il Natale”: il dejavu è ormai stagionale, come i sacrifici che devono sopportare i cittadini per continuare a sperare. Peccato che le aspettative vengano puntualmente disattese.

Ogni cambio di gestione di questa infinita pandemia (arrivata nel novembre del 2019 in Lombardia) ha richiesto restrizioni, arresti domiciliari, coprifuoco, enormi sacrfiici familiari, sociali e psicologici. I cittadini, nella loro stragrande maggioranza, hanno sempre risposto in modo positivo, accettando i sacrifici, sperando che l’uscita dal tunnel si avvicinasse.

Prima che cominciasse la campagna vaccinale i nostri politici e le virostar, ci avevano garantito che quello era “l’ultimo miglio“. Invece oggi siamo ancora qua  a dover commentare l’ennesima richiesta ai genitori italiani: offrire il braccio dei propri bambini alla stato.

Non abbiamo usato il termine Patria, perchè immaginiamo il ribrezzo dei nostri antenati rispetto a delle istituzioni così vigliacche da rischiare il futuro dei bambini, sapendo che nulla si conosce rispetto alle conseguenze di medio e lungo periodo.

I cittadini non soltanto hanno dovuto sottostare con ricatti e minacce all’inoculazione del siero, ma non hanno potuto nemmeno porre domande rispetto ai tanti dubbi che il buonsenso sollevava.

Molti dei dubbi risalgono ovviamente al carattere “sperimentale” del vaccino, caratteristica che implica una quantità di rischi sconosciuta rispetto ai vaccini tradizionali. Le isituzioni ovviamente negano che i vaccini autorizzati in “forma condizionata” dall’EMA siano “sperimentali”, ma si tratta di una smentita farisaica e puramente terminologica. Per l’Unione Europa l’autorizzazione “condizionata” assume questo significato: “l’EMA valuta i dati al fine del rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata (CMA). Questa autorizzazione certifica che la sicurezza, l’efficacia e la qualità del vaccino sono comprovate e che i benefici del vaccino sono superiori ai rischi, consentendo nel contempo agli sviluppatori di presentare dati supplementari sul vaccino anche dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio (contrariamente alle autorizzazioni normali, per le quali tutti i dati devono essere presentati prima del rilascio)”.

Definire “cavie” i milioni di cittadini che stanno sperimentando su se stessi la fase n. 4 di ogni sperimentazione (quella della farmacovigilanza), è quindi improprio sul piano giuridico, ma sensato sul piano del buonsenso.

E d’altro canto, che i vaccini siano di fatto, seppur non de iure, sperimentali, lo dimostra proprio la cosiddetta “dose booster“, cioè “aggiuntiva“. Non siamo di fronte ad un “richiamo” ma ad una dose aggiuntiva che serve a coprire le falle dei vaccini, dopo che hanno dimostrato “sul campo” di proteggere per un lasso di tempo assai inferiore (e variabile da persona a persona) rispetto alle promesse.

Nonostante queste evidenze, la stragrande maggioranza dell’informazione, continua a riportare pedissequamente il mantra “il vaccino non è sperimentale, affermarlo è fare disinformazione“. Affermazione corretta sul piano formalistico e quindi accettabile se pronunciata da una virostar, ma non da un giornalista che dovrebbe spiegare la realtà e non adagiarsi sulla propaganda.

Gli italiani non sono solo stanchi delle restrizioni, ma anche della montagna di frottole che gli viene rovesciata quotidianamente addosso.

Dott. Stefano Salmè

 

avatar

Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

Vuoi ricevere gli aggiornamenti in tempo reale?

Seguici la nostra pagina Facebook e attiva le notifiche.
Facebook
Twitter
LinkedIn
Telegram
WhatsApp
Email