Titolo breve: mancati rimborsi, Aziende Sanitarie attivino i protocolli

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A seguito dell’ennesimo episodio di mancato rispetto delle priorità in Friuli (impossibile eseguire l’esame entro 10 giorni nonostante una seria patologia già accertata), l’Associazione Tutela dei Diritti del Malato rende noto di aver inviato almeno una trentina di segnalazioni per lo stesso problema e invita i cittadini che non riescono ad ottenere nei tempi previsti gli esami a depositare un esposto in Procura. Il motivo è presto detto: in caso di impossibilità ad ottenere la visita o l’esame entro le tempistiche normate, il cittadino del FVG avrebbe la possibilità di rivolgersi al privato (dove notoriamente l’esame e/o la visita si erogano in tempi record) chiedendo poi il rimborso alla Regione.

Peccato però, ed è la ragione fondante su cui si basano gli esposti presentati dall’Associazione, che non siano stati attivati i protocolli attuativi per ottenere il legittimo rimborso, visto che se le Istituzioni non ottemperano alla norma, devono rifondere i cittadini costretti a bussare ai privati.

Ebbene, la risposta ufficiale da parte dei vertici delle Aziende sanitarie è sempre sullo stesso tenore: è colpa della pandemia! Eppure, le leggi, quella nazionale e quella regionale, sono di molto antecedenti al covid. Qualcosa non torna proprio.

Non c’è stata alcuna deroga alla legge che prevede il rimborso, il punto è che – da quanto si apprende dall’avvocato Anna Agrizzi, presidente dell’Associazione – la procedura per concedere l’autorizzazione a rivolgersi in privato nel caso di non rispetto delle tempistiche prescritte dai medici non è stata attivata.

Un cittadino udinese che, stanco di essere preso in giro, ha presentato l’esposto per il tramite dell’Associazione, aveva inizialmente segnalato i ritardi all’Urp di Asufc, citando il decreto legislativo 124 del 29 aprile 1998 e l’articolo 12 della legge regionale 7/2009 (diritti in caso di superamento dei limiti di tempo nell’erogazione delle prestazioni). Nei riferimenti normativi si prevede che, in caso di superamento dei tempi di erogazioni di servizi prescritti, venga rilasciata autorizzazione, dall’azienda sanitaria di riferimento, ad effettuare la visita o l’esame in privato con rimborso (meno il ticket ovviamente).

“Mi era stato spiegato – scrive l’udinese nell’esposto depositato in Procura a Udine – che, per quanto concerne la mia richiesta di autorizzazione per poter accedere alla visita in privato, il piano attuativo aveva subito un rallentamento nel 2020 per la pandemia”. Ma se la pandemia risale al 2020 e la legge regionale al 2009, e quindi a ben 11 anni prima dell’emergenza sanitaria, come mai la procedura non è ancora stata attivata? Inoltre, se la procedura che risponde all’art. 12 della legge regionale 7/2009 non è ancora stata avviata, si dovrebbero almeno conoscere i dati ufficiali sulla deroga alla legge che altrimenti deve essere attualmente in vigore.

La risposta ricevuta da Asufc, comunque, non risulta giustificabile, secondo quanto riporta il cittadino, poiché, “ben prima del problema Covid, i media riportavano notizie di gravi ritardi nell’erogazione dei servizi sanitari nonché liste di attesa molto lunghe”.

Al momento, pertanto, la legge risulta in vigore, visto che non è stata fatta alcuna deroga di sospensione o modifica. La richiesta, quindi, dei cittadini e dell’Associazione dei Diritti del Malato è che le Aziende sanitarie attivino la procedura in nome della quale un cittadino, nel caso di ritardo nell’erogazione di servizi sanitari, possa richiedere autorizzazione a effettuare visite o indagini diagnostiche in privato con rimborso delle spese meno il ticket come cita l’art 12 della legge regionale 2009”.

Irene Giurovich

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Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

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