5 novembre 1953. I moti per Trieste italiana. Gli ultimi martiri del Risorgimento

Condividi su:

Facebook
Twitter
Telegram
WhatsApp
Email
Ricorre oggi il 70^ anniversario dei moti triestini del 5 e 6 novembre 1953, terminati con l’uccisione proditoria da parte della polizia civile agli ordini delle truppe di occupazione inglesi di sei inermi cittadini italiani, “rei” di aver protestato contro un’azione di vilipendio alla bandiera italiana.
I fatti.
Il 3 novembre 1953, in occasione del patrono San Giusto e dell’anniversario della Vittoria, l’allora primo cittadino Gianni Bartoli (nato a Rovigno, e successivamente Vicepresidente dell’ Unione degli Istriani per un mandato) issò la bandiera italiana dal pennone del Municipio contravvenendo al divieto del Generale Thomas Winterton, governatore di Trieste (occupata militarmente dal giugno 1945) che al rifiuto del primo cittadino di rimuoverla fece intervenire i suoi uomini per toglierla e requisirla (bandiera che, pare, venne in un secondo momento bruciata).
Il giorno successivo si scatenarono le prime proteste: alla stazione ferroviaria della città si formò un corteo di mille persone, molte delle quali di ritorno dal Sacrario di Redipuglia, dove si era svolta l’annuale cerimonia di commemorazione dei caduti della Grande Guerra, che improvvisarono una manifestazione per l’italianità di Trieste. La folla si ingrossò e un grande corteo arrivò in Piazza dell’Unità d’Italia e cercò di issare nuovamente il tricolore sul Municipio. Cortei e incidenti si svilupparono in varie zone della città.
Il 5 novembre, alla riapertura delle scuole, gli studenti entrarono subito in sciopero e formarono un imponente corteo che arrivò fino in piazza Sant’Antonio. Venne mobilitata subito la polizia civile – costituita in buona parte da elementi locali filoslavi e indipendentisti – che fu però accolta dai giovani manifestanti a lanci di pietre. I poliziotti reagirono con idranti e manganelli, e picchiarono gli studenti che nel frattempo si erano rifugiati dentro la grande chiesa antistante la piazza.
Il vescovo Antonio Santin (anche lui rovignese, come il Sindaco) stabilì per il pomeriggio la cerimonia di riconsacrazione della chiesa: la voce si sparse tra la cittadinanza ed alla funzione parteciparono migliaia di triestini ed istriani. Quando la polizia civile giunse sul luogo, nacquero nuovi incidenti. Un ufficiale inglese aprì il fuoco, e i poliziotti ne seguirono l’esempio: morirono Piero Addobbati e Antonio Zavadil, mentre decine di altri ragazzi furono feriti.
Il 6 novembre la città fu attraversata da una folla immensa, decisa ad attaccare tutti i simboli dell’occupazione inglese e le organizzazioni indipendentiste. La bandiera italiana fu nuovamente issata sul Municipio e sul palazzo del Lloyd Triestino. I triestini rivolsero la loro furia anche verso il palazzo della Prefettura. La polizia civile aprì nuovamente il fuoco, sparando vigliaccamente ad altezza d’uomo. Quattro furono le vittime: Francesco Paglia, Leonardo Manzi, Saverio Montano ed Erminio Bassa.
Centocinquantatre furono i feriti, di cui ottantadue da arma da fuoco, decine gli arresti e le condanne. Le vittime furono sei, alle quali se ne deve aggiungere una settima: lo studente ventenne Stelio Orciuolo che morirà un anno dopo per i postumi di una manganellata.
I fatti di Trieste provocarono sgomento in tutta Italia e presso le cancellerie “alleate” (gli Americani condannarono gli Inglesi per l’uso e spropositato della forza) e rappresentarono il giro di boa rispetto ad una definizione della situazione confinaria: un anno dopo Trieste diventerà italiana, ma l’Istria nord occidentale rimarrà in mani jugoslave.
Un ricordo ed una preghiera per questi ultimi Martiri per la Venezia Giulia.
avatar

Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

Responsabile culturale dott. Stefano Salmè, nato a Udine, iscritto all’ordine dei giornalisti dal 2002. Collaboratori: dott.ssa Stefania Toffoli, prof.ssa Alessandra Pagnutti, Simonetta Vicario, Giulia Peres, Daniele Bulfone

Vuoi ricevere gli aggiornamenti in tempo reale?

Seguici la nostra pagina Facebook e attiva le notifiche.
Facebook
Twitter
LinkedIn
Telegram
WhatsApp
Email