La Gran Bretagna straccia il “Green Pass” e l’economia vola

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Il governo britannico ha annunciato l’intenzione di non introdurre la versione inglese del “Green Pass” europeo. Dopo la fine delle restrizioni decisa il 19 luglio e la decisione di ieri sul certificato Covid, Boris Johnson sembra orientato a mettere fine alla legislazione di emergenza la prossima settimana. La Gran Bretagna si mette quindi alle spalle la pandemia e decide, costi quel che costi, di ritornare a vivere. Il solo annuncio, tra l’altro, ha messo in uno stato di euforia l’economia inglese.

La decisione del governo è figlia anche della forza del Parlamento britannico, l’unico in Europa a conservare una forza reale ed autonoma. La maggioranza trasversale dei parlamentari inglesi, noncuranti delle pressioni delle lobbies delle multinazionali delle Big Pharma e delle Big Tech, è fermamente contraria a limitazioni delle libertà individuali che non siano strettamente necessarie per un determinato e limitato periodo di tempo.

Come è stato affermato da parlamentari conservatori, liberali e anche laburisti, il Green Pass è contrario allo “spirito britannico”. Ma cosa è questo spirito britannico spesso richiamato? E’ quel sentimento di amore verso la libertà individuale e nazionale che è stato il presupposto stesso della nascita della democrazia. L’Inghilterra, non dimentichiamocelo, è stata la culla della democrazia moderna in Occidente. Solo partendo da questa storia possiamo spiegarci il motivo per cui in UK sia una bestemmia l’obbligo di portare con sè una carta d’identità, figuriamoci un certificato sanitario.

Che la decisione sia del tutto politica lo dimostrano i dati sul Covid in Gran Bretagna, peggiori di quelli italiani:

Questi invece i dati italiani:

Pur considerando i sette milioni di popolazione in più del Regno Unito rispetto all’Italia, la situazione del Belpaese è comunque migliore.

La decisione del governo inglese è stata giustificata sul piano sanitario dall’ottimo andamento della campagna vaccinale. Eppure il dato italiano indica che gli italiani raggiungeranno la fatidica soglia dell’80% di vaccinati (rispetto alla platea dei vaccinabili, quindi over 12) tra pochi giorni.

Questo il confronto tra i due paesi:

La campagna vaccinale italiana, partita in ritardo a causa delle pastoie burocratiche europee, ha sostanzialmente raggiunto il livello della Gran Bretagna, eppure le scelte politiche che si stanno intraprendendo nei due paesi sono opposte. Ritorno alla normalità in UK, proroga del sistema emergenziale in Italia. Mentre in Inghilterra (come in Danimarca) tutte le restrizioni sono decadute, in Italia si pensa a come estendere il Green Pass, con il suo corollario di obblighi, sanzioni e restrizioni.

L’Italia è a rimorchio di francesi e tedeschi e degli interessi delle loro multinazionali, ma le scelte della politica in Italia sono anche il frutto di una cultura politica diversa. In Gran Bretagna la classe politica semina la cultura della libertà e raccoglie una comunità di cittadini in cui è alto il senso del dovere civico e della responsabilità individuale. In Italia nella classe dirigente prevale la sfiducia nel nostro popolo e ci si affida quasi unicamente a obblighi e sanzioni, che finiscono per alimentare una perenne immaturità civica e la mancanza di responsabilità individuale. Nel caso inglese la cultura della “libera scelta” non è affatto un modo per alimentare gli egoismi individuali, ma uno strumento per far crescere una comunità di cittadini consapevoli e maturi. La cultura politica dominante in Italia invece, con le sue regole burocratiche e liberticide, uccide la possibilità di incrementare, generazione dopo generazione, il senso della libertà consapevole, creando le basi di un popolo di “analfabeti funzionali”, incapaci di governarsi senza editti di stampo napoleonico, sulla falsariga dei Dpcm contiani o dei Decreti draghiani.

Se fosse vivo William Shakespeare, forse troverebbe uno spazio nel suo capolavoro per porsi il problema dell’Occidente di oggi: “Libertà o nuovo dispotismo?”.

Dott. Stefano Salmè

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Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

Responsabile culturale dott. Stefano Salmè, nato a Udine, iscritto all’ordine dei giornalisti dal 2002. Collaboratori: dott.ssa Stefania Toffoli, prof.ssa Alessandra Pagnutti, Simonetta Vicario, Giulia Peres, Daniele Bulfone

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