Riceviamo e pubblichiamo:
“Buongiorno, sono un giocatore di promozione (ex giocatore di eccellenza), dopo un periodo di fermo calcistico, dal mese di novembre ho riprovato a farmi avanti. Al primo allenamento, poco prima di andarmi a cambiare, ho esternato la mia volontà di non vaccinarmi, nè di dovermi sottoporre a invasivi e costosi tamponi ogni 48 ore. Al che, prima dell’inizio della seduta siamo stati riuniti (io e gli altri giocatori) per un confronto e le frasi utilizzate sono state più o meno queste: “ragazzi la situazione forse qui non è chiara, chi non è vaccinato o chi non è tamponato non può giocare a calcio, quindi alzino la mano quelli che non sono vaccinati (un terzo della squadra), ok! Per quelli che non si sono vaccinati c’è bisogno del tampone entro 24/48 ore prima delle gare ufficiali, quindi venerdì dovrete andare tutti a farvi il tampone per sabato, altrimenti non verrete convocati“. Le motivazioni principali del confronto erano sostanzialmente le possibili responsabilità penali e civili che le società avrebbero dovuto affrontare in caso di una qualsiasi positività non precedentemente verificata. Mi sembra veramente un’insopportabile ricatto e una palese discriminazione, obbligare noi ragazzi a sottoporsi a una vaccinazione di questo genere per poter fare attività sportiva, per altro all’aperto”.