Verso un nuovo totalitarismo ammantato di democrazia

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Si è appena conclusa la settimana dedicata alla memoria con il suo susseguirsi di iniziative istituzionali volte a ricordare la Shoah, l’Olocausto di un popolo, quello ebreo, prima discriminato e ghettizzato; quindi, perseguitato e sterminato con la legittimazione delle leggi razziali emanate sotto le dittature nazi-fasciste. Durante il genocidio, organizzato e perpetrato dai regimi totalitari, persero la vita anche milioni di oppositori politici e altri “diversi” (disabili, room, omosessuali, ecc.) che erano solo in difetto di essere scomodi alla politica di regime.

In Italia il documento che dette il via alla promulgazione delle leggi razziali fu il Manifesto degli scienziati razzisti, pubblicato il 14 luglio 1938 ne Il Giornale d’Italia. Firmato da alcuni dei principali scienziati italiani, che operarono sotto l’egida del Ministero della Cultura, esso introdusse il concetto di differenze di razza, divenendo la base ideologica e pseudo-scientifica della politica dell’Italia fascista. L’obiettivo era di persuadere gli italiani che alcune scelte politiche, come l’eugenetica (disciplina impegnata a sviluppare il miglioramento delle doti ereditarie delle generazioni future della razza umana), fossero legittimate dalle leggi di Natura.

Ad esso seguirono dal 1938 al 1945 una serie di Regi decreti, Leggi, Decreti-legge e Decreti Ministeriali, corredati da circolari ed ordinanze di polizia i quali in rapida successione, partendo appunto dall’enunciato che “gli ebrei non appartenevano alla razza italiana”, imposero loro una serie di divieti e limitazioni.

Riflettendo su queste pagine della nostra storia non si può fare a meno di notare l’analogia con il rapido susseguirsi oggi di DPCM, Decreti-legge e Leggi che introducono continue restrizioni delle fondamentali libertà individuali in nome di un’emergenza sanitaria che non trova comunque un’efficace risoluzione grazie a tali normative.

Come le leggi razziali (1938-1945) definivano chi dovesse essere perseguitato, oggi le norme di legge del governo italiano (2020-2022) (organo istituzionale che in realtà sarebbe solo straordinariamente, e non ordinariamente, deputato alla funzione legislativa) discriminano e perseguitano coloro che non accettano supinamente l’obbligo illegittimo[1] o surrettizio (attraverso l’introduzione del Green Pass) all’inoculazione del siero sperimentale[2] per il contrasto all’infezione Sars-Cov-2. Tali decreti, in forza di un illegale e immotivato prolungamento dello stato di emergenza (lo stato di emergenza potrebbe per legge essere prorogato fino ad un massimo di 24 mesi), sopprimono libertà costituzionali e diritti fondamentali (al lavoro, allo studio, alla cultura, alla circolazione, alla socialità, all’utilizzo dei servizi) a tutti, soprattutto a coloro che non si sottopongono alla vaccinazione secondo i protocolli arbitrariamente stabiliti e non rispondono alla validazione del tesseramento cosiddetto Green Pass.

 

Nella giornata della memoria, proclamata il 27 gennaio[3], le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado sono state particolarmente impegnate (come si evince dal portale “Scuola e memoria” predisposto dal Miur, Ministero Istruzione Università e Ricerca, di cui si recitano le testuali parole) a promuovere “…la riflessione sulla Shoah per la formazione di una coscienza consapevole sui principi fondamentali dell’uguaglianza degli esseri umani e dei diritti della persona.”

Con tali importanti premesse, il Miur sembra ricordare la primaria funzione educativa della Scuola volta a sensibilizzare le coscienze nella logica del rispetto costituzionalmente riconosciuto del principio di uguaglianza, sovrano nella regolazione dei rapporti fra gli individui. Eppure, negli ultimi anni e in modo accelerato in questi ultimi mesi la scuola sembra aver spostato il suo focus solo sull’emergenza pandemica per la quale è disposta a distorcere, non solo la sua funzione didattica, ma anche quella educativa, nello sforzo di trasformarsi in una agenzia filogovernativa, che si adegua a decreti e regolamenti che la snaturano. Ci si domanda quanti docenti, nel libero esercizio della loro professione e coscienza, avranno correttamente interpretato le indicazioni del Miur per la celebrazione dell’importante evento dedicato alla memoria di chi subì feroci repressioni nel periodo dal 1938 al 1945. Ci si domanda quanti professori si saranno sentiti liberi di contribuire veramente alla formazione di una coscienza consapevole dei principi fondamentali dell’uguaglianza degli esseri umani e dei diritti della persona mettendo in evidenza le innegabili analogie con ciò che sta accadendo oggi nel nostro Paese a seguito della smodata emanazione di dpcm e decreti legge che introducono disposizioni che limitano libertà e diritti fondamentali dell’uomo giustificati dall’emergenza di affrontare una crisi pandemica che non trova soluzione proprio in questi provvedimenti irrazionali e pseudoscientifici.

Qui, con l’impegno che dovrebbe essere di tutti coloro che avvertono l’importanza del ricordo come argine al ritorno di ondate di odio e discriminazione inaccettabili (citazione dal sito del Miur), si vogliono evidenziare le analogie tra il passato ed oggi, analizzando alcuni celebri passi scritti da Primo Levi:

Non iniziò con le camere a gas, non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte (…).

Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione.

Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”.

Il monito di Levi, partigiano ed ebreo sopravvissuto all’olocausto, scrittore e memorialista di uno dei periodi più bui della nostra storia, è implicitamente quello di individuare fin dai suoi esordi tutte quelle pratiche e disposizioni di legge che potrebbero costituire una premessa alla destituzione del nostro Stato di diritto che, con il lavoro esemplare dei nostri padri costituenti, riuscì a codificare nella Costituzione, proprio a conclusione della Seconda Guerra Mondiale, quei principi volti a garantire l’uguaglianza e i diritti fondamentali dei cittadini, tutti democraticamente riconosciuti.

Così oggi non dovrebbero passare incompresi i discorsi di odio e intolleranza, frutto di una feroce propaganda del mainstream perpetrata dai mass media politicamente asserviti ad un potere economico e politico impegnato a porre le basi ideologiche e pseudo-scientifiche a giustificazione di un regime di discriminazione e persecuzione di coloro che non si adeguano all’inoculazione del “salvifico” siero genico (che in realtà non impedisce i contagi e non garantisce l’immunizzazione).

Parallelamente ci si dovrebbe preoccupare della crescente insensibilità che buona parte degli italiani vaccinati dimostra nei confronti dei non inoculati (compresi quelli vaccinati fino a solo la seconda dose), emarginati dal contesto sociale nonché privati del diritto inalienabile alla propria sussistenza.

Ed è sull’insensibilità, che porta all’obbedienza cieca, come se tutto questo fosse “normale”, che voglio concludere la mia riflessione riportando alcuni significativi passi contenuti nel libro di Liliana Segre “Fino a quando la mia stella brillerà” quando la bambina protagonista, Liliana (il libro riporta aspetti autobiografici dell’autrice che subì la persecuzione ebraica), si trova di fronte alla nuova legge razziale che, in quanto ebrea, l’ha espulsa dalla scuola:

“…. Un giorno, dopo che ero stata espulsa, la maestra Cesarina venne a casa a parlare con il papà… Ero sicura che la maestra avrebbe detto al papà che c’era stato un errore, che il giorno dopo sarei potuta tornare al mio banco, che quelle regole erano orribili e assurde…. Sentii l’appello accorato del papà che diceva che era un’ingiustizia tenermi lontana dalla scuola e che io ci soffrivo. E poi ascoltai la maestra Cesarina che gli rispondeva. “Sì, ma scusi io cosa c’entro? Non compete a me decidere se Liliana può tornare oppure no. Non le ho mica fatte io le leggi.” Ascoltavo. Quelle parole continuavano a ronzarmi nella testa… che delusione provai in quel momento. Nella sua voce non c’era partecipazione, ne ero certa, non c’era un filo di dispiacere.  .. Ero scivolata via in silenzio e il mio banco vuoto non era una gran perdita… Lei non c’entrava, non era un problema suo. Così la mia maestra si puliva la coscienza. Se ne lavava le mani.

Prof.ssa Alessandra Pagnutti

[1] Consiglio d’Europa, Risoluzione 2361/2021; Regolamento UE 536/2014

[2] I vaccini per il contrasto alla Sars-Cov- 2 hanno ottenuto l’autorizzazione condizionata al commercio (Regolamento CE 507/2006 art. 8)

[3] Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa liberarono i superstiti del campo di concentramento di Auschwitz, dando così inizio alla destituzione dei totalitarismi nazi-fascisti.

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Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

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