La storia siamo noi

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Cento anni son passati e da altrettanto tempo risuonano le grida degli uomini che hanno sacrificato la propria vita per la patria. Il 3 novembre 1918 si concludeva il primo grande conflitto su scala mondiale, dopo quattro anni di lotte e trincee, per difendere il suolo natio e regalare all’Italia il volto della liberazione. Un nuovo Risorgimento, un atto di rivolta del popolo italiano nei confronti di un nemico, l’Austro-Ungheria, che da secoli calpestava indegnamente il suolo italico. Una firma segnò la fine di un conflitto voluto dagli imperi centrali con il solo obiettivo di espandere dei confini che da secoli incubavano stirpi di vario genere, uniti sotto un regime di polizia. Erano passati quattro anni dall’intervento in guerra a fianco dell’Intesa, un periodo di tempo in cui l’esercito italiano aveva sofferto per la sconfitta ma gioito anche per la vittoria. Era passato appena un anno da quella che la storiografia tradizionale ha designato come “disfatta di Caporetto, che di disfatta ebbe poco, vista la rapidità con cui il nostro genio militare riuscì a riorganizzarsi lungo il Piave per respingere il nemico. Un esercito, un popolo, unito per liberare la patria ed assicurare ai posteri la possibilità di essere liberi. L’armistizio di Villa Giusti fu una semplice firma, una ratifica di una pace che doveva essere duratura: fu, tuttavia, un simbolo che pose fine alla storia di un impero che durava da secoli. L’Italia restituì agli irredentisti la loro patria. Per questo motivo non già il 2 giugno, ma pure il 3 novembre dovrebbe essere conclamato come festa nazionale; di quella nazione che è risorta dalle ceneri della morte, dell’attacco e delle difficoltà. Non un uomo, il generale Diaz, ha portato alla vittoria l’Italia, bensì un popolo intero, che senza alcuna retorica, ma con le ragioni del cuore, ha saputo prendere le armi per la causa comune. Un po’ come la Rivoluzione Francese, la liberazione italiana avvenne quel 3 novembre. Le ossa di quei morti devono infondere nel nostro cuore il senso civico, l’attaccamento ad una bandiera e il significato di un atto così grandioso. Finiva una guerra quel 3 novembre 1918, ora noi godiamo il sole splendente della libertà grazie a loro. A quelle ossa, che un tempo erano carne, va il più sincero e cordiale saluto. Ave atque vale!

 

Andrea Sturmigh

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Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

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