SANITARIA ALL’HUB, LA POLIZIA DI GORIZIA MINACCIA LA FORZA

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Sospesa a metà maggio, carica di rabbia anche per quanto ha dovuto subire proprio all’hub vaccinale dove, a fronte delle sue domande ai medici vaccinatori, si è vista arrivare due pattuglie della polizia che poi l’hanno costretta ad allontanarsi prima dall’interno del centro vaccinale sotto la minaccia della forza e poi persino dall’esterno sotto un’altra minaccia di serissimi guai. Questo triste episodio, che potrebbe avere anche ripercussioni di altro genere sulle forze dell’ordine protagonista di questi comportamenti che ricordano i regimi, viene raccontato da una fisioterapista dell’Isontino che domanda l’anonimato. Sul nostro territorio si stima siano circa 250 i fisioterapisti che, fra liberi professionisti e dipendenti, hanno scelto di non sottoporsi ai sieri. La sanitaria segue da tempo i medici della Terapia domiciliare precoce contro il Covid.

 

Che cos’è successo esattamente all’hub di Gorizia un mese fa?

“Alcuni giorni dopo l’arrivo della pec che mi intimava la vaccinazione dopo 90 giorni dalla guarigione (anzi, 75), mi sono recata, tramite appuntamento, all’hub vaccinale, per chiedere il differimento di 1 mese per poter eseguire degli approfondimenti clinici”.

 

Che cosa ha dato fastidio in questa sua richiesta?

“Com’è mio diritto ho chiesto di avere informazioni mediche sui motivi per i quali io avrei dovuto vaccinarmi subito dopo la guarigione: il medico continuava a rispondere che il vaccino per me è obbligatorio, che la legge lo impone, è assolutamente sicuro, insomma avrei dovuto farlo e basta”.

 

E poi cos’è successo?

“Di fronte alle mie insistenze per il differimento, visto che le risposte ai miei quesiti non erano medico-scientifiche, il medico si è adirato… un infermiere in veste di ‘buttafuori’ si è avvicinato entrando nello stand, chiedendo cosa succedesse e facendo notare che stavo creando interruzione dell’operato del medico. Io ho ribadito che non mi sarei alzata finché non avessi ottenuto spiegazioni ed un eventuale differimento, a questo punto l’infermiere ha chiamato la polizia”.

 

Nemmeno fosse un assassina…in quanti poliziotti si sono presentati?
“Sono intervenute due pattuglie: sono rimasta là dentro dalle 9.15 alle 12 perché non volevo desistere. I due poliziotti più giovani erano sorpresi dal mio obbligo dopo la guarigione, il loro capo un po’ meno comprensivo, ma abbastanza paziente…finché però si è stufato e mi ha intimato di uscire, altrimenti avrebbero dovuto usare la forza, mi ha detto proprio così. E pensare che io volevo solo confrontarmi con il medico e conoscere i suoi dati anagrafici”.

 

Come si è conclusa la disavventura?

“Sotto la nuova minaccia di incorrere in accuse gravi se non fossi uscita subito e se avessi atteso il termine del turno del medico (come ho ribadito loro di voler fare), sono uscita alle 12.30. Naturalmente ho chiesto gli atti di quanto avvenuto in Questura e ho le prove di ciò che affermo”.

 

Perché non ha potuto almeno restare all’esterno e attendere che il medico finisse il turno per parlargli?

“Il poliziotto mi ha detto che se l’avessi fatto e il medico mi avesse vista lì a fine turno e avesse contattato le forze dell’ordine, sarei finiti in guai molto seri…”.

 

Ha tentato un secondo appuntamento all’hub?

“Sì, due settimane dopo. Nel frattempo avevo inviato una diffida al mio Ordine. Ebbene, visto che al centro vaccinale mi avevano riconosciuta, non volevano neppure farmi entrare! Ufficialmente non risultava l’appuntamento di cui, naturalmente, invece, avevo la prova cartacea. Questa volta trovo un medico vaccinatore donna a cui pongo i quesiti scientifici alla luce degli studi internazionali circostanziati. Mi risponde che lei non conosce l’inglese! Arriva lo stesso infermiere e minaccia di chiamare le forze dell’ordine se non me ne fossi andata subito. Le avrei chiamate io questa volta, ma, schifata dalla nostra sanità, ho preferito andarmene. Qualche settimana dopo è partita la diffida all’Ordine attraverso l’avvocato”.

 

Che cosa pensa dei sieri, anche alla luce delle recenti sentenze che hanno smontato l’obbligo vaccinale vista l’inefficacia di queste ‘iniezioni’?

“Ormai è chiaro che non impediscono la trasmissione… eppure su questo è basato l’obbligo vaccinale per i sanitari. Basterebbe solo che fosse riconosciuta questa incongruenza per scardinare l’obbligo…ma evidentemente i poteri forti sono troppo forti”.

 

L’episodio avvenuto all’hub con i risvolti anche della Polizia l’ha segnata. Adesso, da sospesa, come si sente?

“Subire una decisione che non segue alcuna evidenza scientifica, che determina il divieto di esercitare la propria professione non perché si è responsabili di un’inadempienza o danno di tipo professionale verso un paziente, ma solamente perché si sceglie di condividere i dubbi che la scienza con innumerevoli studi supporta nei confronti di sieri sperimentali, crea uno stato di smarrimento, di sensazione di venir privati della propria dignità professionale, di essere d’un tratto dichiarati inadatti a continuare la professione che si ama, che tanto mi ha dato in termini di risultati professionali e di rapporti interpersonali sfociati non di rado in amicizie o legami significativi con i miei pazienti”.

 

Economicamente come farà?

“Un duro colpo: ho due figli ancora studenti e degli impegni economici presi alcuni anni fa per costruire un progetto di investimento in un’attività di locazioni turistiche.
Questo diventerà per fortuna il programma alternativo di sostegno, ma la mia professione naturalmente era la mia fonte di reddito per sostenere mutuo e spese di ristrutturazione.
C’è la possibilità di ‘retrocedere’ con mansioni di cura alla persona, non sanitarie, per garantirsi un reddito di sostentamento…ma già l’idea di sostenere la logica assurda di queste decisioni punitive nei confronti di noi sanitari mi crea un senso di inaccettabilità difficilmente metabolizzabile”.

 

Opzione-estero?
“Con il mio compagno abbiamo più volte sognato il trasferimento, ma per motivi professionali suoi ed impegni scolastici dei ragazzi, per ora non è attuabile…ma non è escluso che tra qualche anno decideremo per l’estero”.

 

Ha presentato intanto ricorso?

“Ho aderito a più ricorsi collettivi sul tema dell’obbligatorietà, anche ora stiamo organizzando delle difese legali; purtroppo stiamo assistendo, soprattutto in FVG, ad una risposta ‘muro di gomma’ da parte della magistratura regionale che non è sensibile a riconoscere gli studi e le evidenze scientifiche anche internazionali”.

Irene Giurovich

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Il Giornale di Udine

Eredi morali del “Giornale di Udine” fondato nel 1866 da Pacifico Valussi.

Responsabile culturale dott. Stefano Salmè, nato a Udine, iscritto all’ordine dei giornalisti dal 2002. Collaboratori: dott.ssa Stefania Toffoli, prof.ssa Alessandra Pagnutti, Simonetta Vicario, Giulia Peres, Daniele Bulfone

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